Testo di Isabel Boyano
Nato a Cremona (Lombardia, Italia) nel 1114 circa. La principale fonte di informazione sulla sua vita è l’Eulogium, scritto dai suoi seguaci e collaboratori (socii) dopo la sua morte e inserito come appendice alla sua traduzione di Tegni di Galeno. Secondo questa fonte, egli avrebbe ricevuto la formazione scientifica e filosofica nella sua città natale, dove sarebbe scaturito il suo interesse per la lettura dell’Almagesto di Tolomeo. Non riuscendo a trovare quest’opera nella sua città, si sarebbe recato a Toledo, famosa per le sue raccolte di testi arabi. La sua presenza in Spagna è testimoniata dai documenti del cartulario della cattedrale locale, datati dal maggio 1157 al marzo 1176. Egli fu un membro del Concilio dei Canonici e divenne diacono, come dimostrano questi documenti, nei quali egli viene indicato come “Girardus”, “magister Girardus”, “Ego G.(eraldus) dictus magister” e “Geraldus diaconus”.
Oltre all’Almagesto (la cui traduzione fu completata nel 1175), a Toledo egli si sarebbe imbattuto anche in numerose versioni arabe dei classici greci e latini e in trattati originali in arabo. Il forte interesse per questi testi lo avrebbe spinto a restare in questa città e a imparare l’arabo per poterli tradurre. Nell’Eulogium i suoi seguaci hanno inserito una lista di oltre 70 opere da lui tradotte, tra cui i lavori di Aristotele e i suoi commentari, di Euclide, Ippocrate, Avicenna, Al-Kindi, Al-Farabi o Al-Khwarizmi. Le fonti successive ne attestano un numero maggiore.
Alcuni studiosi sono dubbiosi riguardo l’autorità di un gran numero di traduzioni, altri hanno messo in discussione la sua conoscenza dell’arabo e del latino, citando le parole di Roger Bacon del XIII secolo: “Arabiae linguae parum peritus, latino idiomate satis inculto.” Mettendo da parte queste critiche, tuttavia, il valore del lavoro di Gerardo da Cremona nella restaurazione della cultura classica è innegabile. Ciò che sembra più plausibile è che egli sia riuscito a creare una rete di seguaci e collaboratori, con i quali lavorare alle traduzioni (come per l’Almagesto con Galib il Mozarabico, come narrato da Daniel de Morley), stabilendo relazioni tra maestro e discepolo e sforzandosi di cercare e raccogliere testi, comparandone le diverse versioni e creando, quindi, un corpo coerente non limitato solo alle fonti già disponibili. Questo corpus rappresenta il sapere scientifico e filosofico dell’epoca.
Per quanto riguarda la sua morte, ci sono differenti versioni. Sembra che sia morto a Toledo nel 1187, all’età di 73 anni, come riferiscono i suoi collaboratori. Alcuni studiosi, tuttavia, affermano che i suoi resti (e la sua biblioteca) siano stati trasferiti da Cremona a Santa Lucia o Santa Maria e bruciati, altri, invece, credono che sia morto nella città italiana.
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